L’aumento dei prezzi del settore agroalimentare (che abbiamo già approfondito qui) sta condannando milioni di esseri umani in tutto il pianeta a vivere in condizioni di indigenza.
La guerra tra Russia e Ucraina non ha fatto altro che peggiorare la condizione di miseria in cui vivono milioni di esseri umani, essendo i due Paesi tra i principali esportatori di cereali mondiali. Secondo il CeSI (Centro Studi Internazionali) Mosca e Kiev forniscono il 50% delle importazioni totali di grano presso la cd. regione MENA (Middle East and North Africa) e, nello specifico, circa l’80% per l’Egitto, il 96% per il Libano, il 60% per la Tunisia, la Turchia e l’Iran, il 50% per l’Oman e gli Emirati Arabi Uniti e il 37% per il Qatar.
Il blocco dei porti ucraini ha interrotto le catene di approvvigionamento tanto verso l’Europa, quanto verso l’Africa e il Medio Oriente che non hanno accesso ad altri mercati in grado di assicurare le medesime forniture di frumento agli stessi prezzi. Peraltro, essendo la Federazione Russa uno dei principali venditori di concimi e visto l’aumento del costo del gas naturale – componente fondamentale per la composizione dei fertilizzanti azotati – anche le nazioni produttrici stanno subendo una decisa impennata dei costi di produzione.
Questo clima di incertezza globale sta spingendo alcuni Paesi, come ad esempio l’India, ad adottare politiche protezionistiche con limitazioni o, addirittura, divieti di esportazioni di grano al fine di tutelare il mercato interno, determinando il calo dell’offerta di frumento.
Pertanto, questo Centro Studi ritiene che i prezzi dei cereali nell’immediato non scenderanno con il concreto rischio, tra l’altro, che le quantità destinate alle esportazioni non siano in grado di soddisfare la domanda mondiale di grano, condannando alla fame milioni di esseri umani.
AUMENTO DELLA POVERTÀ E DELLE TENSIONI SOCIALI
Il continuo susseguirsi di crisi (finanziarie, pandemiche, belliche ed ora anche alimentari) sta stravolgendo il tessuto sociale di molti Paesi più deboli, con un aumento del numero di persone che vivono in condizioni di povertà. La Banca Mondiale stima che per ogni punto percentuale di aumento dei prezzi degli alimenti, 10 milioni di persone siano finite nella miseria estrema. Inoltre, come già sollevato dalle Nazioni Unite, da i rincari “dei prodotti alimentari e gli shock delle forniture possono alimentare tensioni sociali in molti dei paesi colpiti, specialmente quelli che sono già fragili o colpiti da conflitti”.
Nei prossimi mesi la mancanza di cibo metterà sotto pressione molti Stati andando a inasprire tensioni sociali già preesistenti. Alla base dell’indagine del Centro studi politico-economico di UNARMA c’è una considerazione che trova diverse conferme: “Stiamo già assistendo in Tunisia a venti di rivolta per il pane: è la conseguenza dello stop delle importazioni del grano dall’Ucraina e di una drammatica situazione di povertà alimentare. Sappiamo che dove c’è fame, ci sono però anche esasperazione e disperazione, che se sottovalutiamo si tradurranno presto anche in aumento spropositato dell’immigrazione sulle nostre coste per le tante persone che tentano di sopravvivere. Capiamo la crisi umanitaria, ma è un copione a cui abbiamo già assistito e che per questo ci dovrebbe trovare preparati sul fronte della sicurezza interna”, interviene UNARMA.
Il rischio è che i governanti e le organizzazioni internazionali sottovalutino la rabbia e il malcontento che sta montando e che potrebbe sfociare in violente proteste di piazza e aumento dell’immigrazione dall’Africa e dal Medio Oriente.
Questo Centro Studi osserva che quando un popolo ha fame è disposto a compiere anche gesti di estrema violenza per sfamare sé e la propria famiglia, come la storia ci insegna e come il Manzoni racconta ne “I Promessi Sposi” (1840), cap. XXII (assalto al forno delle grucce): “È questo il pane, che date alla povera gente? Ahi! Ahimè! Ohi! Ora, ora!” s’urlava di giù. Più d’uno fu conciato male; due ragazzi vi rimasero morti. Il furore accrebbe le forze della moltitudine: la porta fu sfondata, l’inferriate, svelte; e il torrente penetrò per tutti i varchi. Quelli di dentro, vedendo la mala parata, scapparono in soffitta: il capitano, gli alabardieri, e alcuni della casa stettero lì rannicchiati ne’ cantucci; altri, uscendo per gli abbaini, andavano su pe’ tetti, come i gatti”.