La drammaticità del conflitto in atto tra Russia e Ucraina sta avendo ripercussioni sociali ed economiche che scuotono il vecchio continente e mettono sotto pressione le nazioni europee. Queste ultime, oltre alle conseguenze commerciali ed energetiche derivanti dalle sanzioni alla ex Unione Sovietica, devono fare i conti con l’opinione pubblica interna tutt’altro che favorevole all’invio di armi a Kiev; vi è inoltre l’enorme problema della gestione di milioni di cittadini ucraini in fuga dal conflitto.
IL MODELLO ITALIANO NELLA GESTIONE DEI PROFUGHI
L’Italia finora ha stanziato complessivamente 800 milioni di euro da destinare all’accoglienza dei profughi che, secondo i dati del Viminale, ad oggi ammontano circa a 110.000 unità.
Il Governo ha previsto tre modalità per la collocazione dei rifugiati:
– presso i centri CAS e SAI del Ministero dell’Interno e degli enti locali, per i quali sono stanziati 33 euro a persona al giorno;
– mediante ospitalità diffusa gestita da enti e associazioni del terzo settore; anche in questo caso il rimborso è di 33 euro al giorno per ogni profugo ospitato;
– con sistemazione autonoma dei profughi, per i quali è previsto un rimborso diretto mensile a persona di € 300 euro/ € 150 per i bambini.
Ai cittadini ucraini sarà concesso il permesso di soggiorno che consentirà l’accesso all’assistenza del Servizio Sanitario Nazionale, al mercato del lavoro ed il diritto allo studio.
A QUANTO AMMONTA IL SOSTEGNO MILITARE ITALIANO ALL’UCRAINA?
Nel novero delle misure adottate dall’esecutivo rientra, come detto, anche l’invio di armi all’Ucraina, sulla cui tipologia e quantità è stato tuttavia posto il segreto di Stato. Secondo l’Osservatorio Milex sulle spese militari, l’Italia al momento impiegherà 187,5 milioni di euro per il sostegno militare a Kiev, cifra che è destinata ad aumentare con il protrarsi del conflitto.
In questo contesto si inserisce anche l’incremento delle spese militari al 2% del PIL; tale misura determinerà nel 2022 un aumento degli stanziamenti al comparto difesa del 5,4% rispetto al 2021, per un finanziamento complessivo che si avvicina ai 26 miliardi di euro, fino ad arrivare ai 38 miliardi previsti nel 2024.
Il Governo italiano è giustamente intervenuto con prontezza organizzativa ed economica per il sostegno alle popolazioni vittime della guerra, ma anche per appoggiare militarmente una delle parti in causa, nonostante tale ultima misura non raccolga l’unanime consenso dell’arco parlamentare e dei cittadini italiani.
A tale solerzia ed incisività, che ha consentito il tempestivo reperimento di circa 1 miliardo di euro, fa da contraltare l’adozione di misure tardive che per questo Centro Studi Politico-Economico risultano insufficienti per sostenere l’economia nazionale che si avvia verso la recessione, con aziende e famiglie in forte sofferenza, soffocate dall’inflazione e dall’esplosione dei costi energetici.
Il proliferarsi di richiami ed iniziative di politici ed amministratori locali sulla volontà di una veloce ricostruzione post bellica si scontra con le lentezze, le lungaggini burocratiche ed i vincoli di bilancio che gli italiani hanno pagato sulla propria pelle quando si è trattato di intervenire nelle zone colpite da calamità naturali.
Il Centro Studi di UNARMA ritiene che questa asimmetria di intenti e di iniziative, che si acuirà con il protrarsi del conflitto, finirà per trasformarsi in un boomerang che potrebbe generare, anche in un popolo storicamente accogliente e solidale come quello italiano, sentimenti contrastanti verso le comunità ucraine.