Gli aumenti dei prezzi dei generi alimentari si ripercuotono negativamente sulla qualità del vitto dei Carabinieri. Per prassi, i contratti per il servizio di catering, nonché le convenzioni con gli esercizi di ristorazione sul territorio nazionale, sono stipulati prima che inizi l’anno e pertanto non sono coerenti con l’attuale aumento dell’inflazione e non considerano l’attuale crisi dei beni alimentari che il Paese sta attraversando. Considerata questa situazione le società interessate, per onorare gli accordi sul servizio di ristorazione e garantirsi comunque il giusto livello di redditività, sono costrette ad abbassare allora la qualità dei prodotti che utilizzano, determinando un peggioramento delle pietanze da servire ai Carabinieri. Ciò spiega le numerose segnalazioni giunte in queste settimane a UNARMA sulla qualità scadente dei pasti erogati al personale dell’Arma.
Anche per la “gestione diretta” dei servizi di ristorazione, gli importi previsti per l’acquisto di viveri non sono ormai più idonei a garantire un pasto dignitoso nell’Arma. Ecco perché l’associazione nazionale sindacale dell’Arma dei carabinieri, partendo da una riflessione socioeconomica, propone delle soluzioni che tutelino il personale garantendo il diritto al fabbisogno alimentare.
INDAGINE SULL’AUMENTO DEL COSTO DEI BENI ALIMENTARI
Anche a maggio l’indice dei prezzi al consumo ha continuato a crescere trainato dall’aumento dei costi del comparto energetico. Secondo l’ISTAT infatti, l’inflazione si attestava sul +6,9% su base annua, livello che non si registrava dal marzo del 1986. Tra i settori che hanno fatto segnare maggiori rincari c’è sicuramente quello alimentare con +6,7% dei prezzi del “carrello della spesa”.
Rispetto al maggio 2021 l’indice dei prezzi degli alimentari non lavorati è aumentato del 7,9%, mentre i lavorati sono variati del 6,6%.
In particolare l’Istituto di statistica afferma che “accelerano ulteriormente i prezzi degli altri oli alimentari (da +65,3% a +70,2%; +5,7% su base mensile), quelli di pasta secca, pasta fresca e preparati di pasta (da +13,4% a +16,6%, +1,9% su aprile) e i prezzi del burro (da +15,6% a +22,6%; +6,7% il congiunturale). Sale di poco la crescita dei prezzi degli alimentari non lavorati (da +7,8% a +7,9%; +1,1% su base mensile)”.
Questi aumenti, come abbiamo già analizzato in un precedente focus, vanno ricercati principalmente nel rincaro dei prezzi energetici che incidono non solo sulla filiera produttiva ma anche nella successiva distribuzione dato che la quasi totalità delle merci viaggia su gomma.
Va considerato inoltre che il nostro Paese importa grandi quantità di prodotti alimentari e pertanto è dipendente dalle catene di approvvigionamento estere che possono subire rallentamenti o interruzioni in caso di crisi o tensioni geopolitiche internazionali. In questo contesto la guerra tra Russia e Ucraina ha generato incertezza sui mercati in quanto i due Paesi sono grandi esportatori di cereali e fertilizzanti: con una minore offerta di beni, a parità di domanda, i prezzi sono inevitabilmente cresciuti.
Analizzando i dati forniti dalla FAO emerge chiaramente che vi è stato un aumento globale dei prezzi alimentari.
L’indice generale dei prezzi (linea azzurra) è cresciuto del 28,1% nel 2021 e di un ulteriore 19,6% nei primi 5 mesi del 2022; dei beni inseriti nel paniere FAO negli ultimi 17 mesi gli oli vegetali hanno registrato un aumento del 122,5%, i cereali del 55%, lo zucchero del 46,7%, i latticini del 39,1% e la carne del 22,9%.
L’entità dei rincari sta costringendo le famiglie italiane a rivedere le proprie abitudini alimentari con la riduzione dei consumi di alcuni generi più costosi (carne, pesce) e la necessità di indirizzare le scelte verso prodotti a basso costo, a scapito della qualità complessiva dell’alimentazione.
Il Centro Studi UNARMA stima che ogni nucleo familiare vedrà crescere mediamente di € 400,00 i costi annui per l’acquisto di beni alimentari.
L’incerto quadro macroeconomico, la complessa situazione internazionale e la scelta di adozione di politiche green con obiettivi a scadenza ravvicinatissima da parte dell’UE, peraltro, non lasciano spiragli circa un immediato miglioramento della situazione con il reale rischio che ai primi freddi famiglie e imprese si troveranno a fare i conti con la carenza di energia; tale eventualità porterebbe al rallentamento della produzione anche nel settore agroalimentare. I dati forniti da ISTAT e FAO indicano chiaramente che la corsa al rialzo dei prezzi alimentari è iniziata già nel 2020; in questo lasso di tempo bisogna constatare l’immobilismo dei Governi italiani che si sono succeduti, i quali non hanno adottato alcuna iniziativa per rilanciare un settore cruciale del Paese e per ridurre la dipendenza dalle importazioni estere.
LE PROPOSTE DI UNARMA PER UN DIRITTO ALIMENTARE DIGNITOSO NELLE FORZE ARMATE
Secondo l’indagine del Centro Studi, UNARMA ritiene che il controvalore del pasto andrebbe allora indicizzato e tarato sulla base dell’inflazione, in modo da garantire uno standard alimentare costante ai militari della Benemerita, considerando che la corsa al rialzo dei prezzi sarà sostenuta e persistente. In tale ottica, essendo problematico il continuo adeguamento di tutti i contratti in essere, si potrebbe prendere in considerazione l’opportunità di modificare l’attuale regime del TAG, prevedendo l’erogazione di buoni pasto, spendibili nelle mense servite da catering, presso gli esercizi di ristorazione convenzionati o per acquistare beni alimentari per le gestioni dirette.
A tal riguardo, inoltre, UNARMA ritiene che una soluzione potrebbe essere l’introduzione dei buoni pasto all’interno della busta paga del personale dell’Arma dei carabinieri. La richiesta nasce da una criticità preesistente tanto per i commercianti quanto per le Forze Armate. Oggi tutti gli esercizi commerciali che accettano i buoni pasto si trovano infatti ad affrontare delle commissioni tra il 10% e il 20% del valore del buono pasto. Una cifra che gli esercenti non sembrano più disposti a vedersi togliere dai rendiconti di cassa. Per questo il rischio che i buoni pasto non vengano più accettati è sempre più concreto e l’associazione nazionale sindacale dell’Arma dei carabinieri propone di far fronte al rifiuto dell’agevolazione cambiando la normativa vigente in materia, in modo tale che le aziende possano versare il corrispettivo dei buoni pasto direttamente in busta paga ai propri lavoratori senza però eliminare le agevolazioni fiscali derivanti dall’utilizzo dei buoni pasto.